Non tutti i servizi finanziari sono disponibili per ogni genere di clientela. Alcuni sono riservati ai risparmiatori più facoltosi, il cui portafoglio sia superiore ai 500mila euro o, in molti casi, al milione di euro. È il caso del “private banking”, un insieme onnicomprensivo di consulenza, servizi di investimento, art advisory e gestione del risparmio ben lontano dalla semplice promozione finanziaria. Molte banche e società finanziarie hanno una divisione ad hoc specializzata proprio nel private banking. Queste strutture si propongono di offrire un servizio altamente personalizzato ai propri facoltosi clienti, prendendosi cura di tutti gli aspetti del loro portafoglio. Secondo l’ultima indagine della società Magstat, il mercato italiano del private banking vale complessivamente 734 miliardi di euro; di questi, 302,2 miliardi sono gestiti dalle banche commerciali italiane, 80 miliardi sono in mano alle banche d’affari straniere, altri 43,6 miliardi appartengono alle banche italiane specializzate, mentre la raccolta di sgr e sim ammonta a 21,2 miliardi. Il totale è in calo di 70 miliardi dai 574 di fine 2007, e anche il numero di banche straniere presenti nel Paese (41 al 31 dicembre 2008) è diminuito per la prima volta negli ultimi anni a causa del tracrollo finanziario di Lehman Brothers. In Italia restano comunque quasi 6500 private banker, divisi tra 1.539 filiali con oltre 560mila clienti. Tra i principali operatori del private banking in Italia, ricordiamo Intesa Sanpaolo Private Banking e UniCredit Private Banking (che gestiscono il 48% del mercato in mano a operatori italiani), Credit Agricole e Ubs Italia (che gestiscono il 34% del mercato delle banche d’affari straniere), Fideuram e Azimut (con una quota del 91,6% del totale in mano a sgr, sim e boutique finanziarie).