Mettere in mano ad estranei i risparmi di una vita. Affidare a terzi il proprio futuro pensionistico. Depositare tutto il proprio stipendio in una struttura bancaria. Esplicitata in questi termini, probabilmente, ognuna di queste azioni è in grado di intimorire e preoccupare anche il risparmiatore più spregiudicato. In realtà, si tratta di attività che ciascuno di noi svolge quotidianamente, senza attribuirvi molto peso, nel momento in cui apre un conto corrente, invia i contributi previdenziali, accetta i consigli della banca di fiducia circa gli investimenti più convenienti. La relativa tranquillità con cui si possono svolgere queste attività quotidiane è dovuta esclusivamente alla certezza del diritto, che protegge i clienti di banche e società finanziarie da qualsiasi malversazione o frode, nonché dai danni che possono derivare da asimmetrie informative e mancanza di trasparenza da parte degli operatori del settore. La tutela dei risparmiatori assume varie connotazioni. Anzitutto, i clienti degli istituti finanziari hanno diritto a ricevere un avviso sulle principali norme in materia di trasparenza e trattamento dei dati, nonché il foglio informativo di ogni prodotto o servizio proposto dalla banca. Prima di firmare un qualsiasi contratto, i risparmiatori devono ottenere una copia del testo completo e una sintesi che ne riporti gli elementi essenziali; questi ultimi devono essere espressi con chiarezza e devono essere inclusi nel frontespizio del documento finale. Le clausole vessatorie che includano condizioni più sfavorevoli di quelle pattuite inizialmente o – nel caso di prestiti e finanziamenti – tassi di interesse usurai, sono da considerarsi nulle a norma di legge. Nei contratti di durata, la variazione delle condizioni in senso sfavorevole al cliente deve essere divulgata prontamente dall’istituto finanziario, che deve anche provvedere ad inviare comunicazioni periodiche circa l’andamento del rapporto. La tutela del risparmiatore assume anche una dimensione economica: i depositi bancari sono garantiti dal rischio di fallimento della banca grazie a un apposito Fondo interbancario, fino a un importo massimo di 103mila euro per nominativo (il totale ammonta quindi a circa 206mila euro in caso di conto cointestato).